Leonardo

Fascicolo 13


in "Alleati e nemici"
L'equivoco individualista
GEORGES PALANTE - Combat pour l'individu. - Paris, F. Alcan, 1904.
VICTOR BASCH - L'individualisme anarchiste. - Paris, F. Alcar, 1904.
recensione di Gian Falco (Giovanni Papini)
pp. 33-34


p. 33


p. 34



   Da molto tempo, per mio gusto, penso all'individualismo e leggo quello che mi riesce di trovare e di sopportare sugli individualisti e le teorie individualiste. Ho goduto dunque tutte le traduzioni e variazioni che si son fatte del conflitto fra individuo e gruppo ch'è il leitmotif di qualunque individualismo, anche di quello che nega la inguaribilità del conflitto stesso. Tutto l'individualismo non è, insomma, che una requisitoria a getto continuo contro la collettività, la rivolta di ciò ch'è personale contro ciò ch'è sociale. E questi due libri che ho sott'occhio non contengono altro che questo.
   Il Palante è più teorico che storico e riunisce sotto un titolo guerresco una serie di saggi comparsi nella Plume, nel Mercure de France, nella Revue Socialiste e nella Revue Philosophique, che si potrebbero chiamare un estensione del pamphlet spenceriano e intitolarsi: L'individuo la Società. Sono saggi assai acuti, assai franchi, ricchi di fatti e di citazioni ma che si riducono insomma a questa affermazione fondamentale: L'individuo è sfruttato e oppresso dal gruppo per mezzo delle menzogne sociali.
   Il Basch è invece piuttosto storico che teorico ed espone ampiamente e chiaramente nella prima parte del suo libro l'Unico dello Stirner tenendo conto e degli scritti minori e del «clima intellettuale» in cui nacquero l'uomo e l'opera. Nella seconda parte egli discute in generale dell'individualismo anarchico e di quello di diritto, d'aristocrazia e di socialismo e finisce col profetare una conciliazione dell'individuo e della società nel seno del regime collettivista. Ma insomma nella prima parte Stirner, attraverso il suo timido interprete, afferma ben alto l'ateismo radicale, cioè la necessità di negare tutto ciò ch'è al di sopra dell'io, e nella seconda l'opposizione fra io e società è riconosciuta virtualmente dal momento che si tenta di farla cessare. I due libri dunque, come tutti gli altri passati, non dicono che una cosa: Bisogna che l'individuo si liberi!
   Ma nè in questi libri nè in quelli innumerevoli che, li hanno preceduti ho trovato l'accenno a un equivoco fondamentale che indebolisce straordinariamente il luogo comune individualista. E l'equivoco mi sembra questo: l'individualista radicale e coerente nega tutto quello che non è individuo e proprietà dell'individuo, nega cioè, da nominalista sociale, che ci siano delle idee o delle cose che non siano parti, attributi o strumenti d'individui. Ora, se questo è esatto, la società, il gruppo, lo stato in realtà non esistono, ma esistono soltanto, sotto questi nomi generali, degli uomini che ordinano, che comandano, che governano, che s'impongono e che sfruttano. Cioè la battaglia che l'individuo dà alle entità sociali è una guerra civile: si tratta d'individui contro individui.
   Se la società non che un gruppo di individui i quali si servono di certe menzogne per servirsi degli altri, il combattere la società significa combattere la società significa combattere degli uomini, i quali sono precisamente individui come gli altri. E sono anzi i veri individui, appunto perchè son già liberati. Libertà non è forse sinonimo di potenza?
   Ora è stranamente ridicolo che gli individualisti i quali negano, e con ragione, tutti i vecchi fantasmi, tutti i vecchi spettri logici di umanità, società e simili mostrino poi di credere, nel fatto, a tali entità, attribuendo loro un'infinità di abbominazioni in danno degli individui. O le entità non esistono e allora non possiamo parlare dell'oppressione dello Stato, dell'Idea, della società o del gruppo — o esistono e allora l'individualismo mentisce dicendo che le collettività sono flatus vocis. Le collettività esistono ma esistono individualmente, cioè composte da un gruppo d'individui uniti dai loro interessi personali, e gli interessi sfruttatori di un capo hanno, teoricamente almeno, lo stesso valore degli interessi insurrezionali dello sfruttato. E quando il Palante combatte, ad esempio, contro l'idolo pedagogico perchè non pensa che, individualisticamente, colui che cerca di foggiare gli altri secondo il suo piacere e il suo comodo ha altrettanta ragione di quello che non vuol farsi educare dagli altri? E quando lo Stirner scrive le sue magnifiche pagine contro l'ossessione dello Spirito, come mai non riflette che ci sono degli unici i quali ritraggono profitto da questa superstizione da, spirito, così radicato negli uomini?
   In altra sede (Idea Liberale, 1 maggio) io avevo detto qualcosa di simile al Palante, a proposito del suo libro ed egli mi risponde, scrivendomi, che «dans certains groupements, par exemple dans un corpe dans une administration de fonctionnaires, dans la classe bourgeoise en général, il y a des préjugés, des règles d'etiquette, des respects de commande, un souci de respectabilité etc. dont on ne peut pas dire expressement qu'ils sont exploités par un individu on par quelques individus en particulier. C'est un etat d'àme collectíf et passif, subì en commun par tous. Et je crois, contrairernent à votre affirmation, que dans ce cas, la betise collective est telle que ces mensonges sont oppressifs pour tout le monde sans être à propriement parler, utiles à personne en particulier et sans être exploités délibèrement par personne.» Ma, senza contare che questi gruppi sono la minoranza e che perciò la battaglia individualista diventerebbe una scaramuccia, bisogna pensare che malgrado la stupidità, ch'è enorme, è incredibile che tutta una collettività tenga dei pesi che non servono proprio a nessuno. Quello ch'è inutile, ci dicono i biologi, decade e muore. Perchè non dovrebbe accadere lo stesso in sociologia? E infatti i pregiudizi, il rispetto e le altre cose a cui accenna il Palante servono come strumenti per mantenere la coesione e la gerarchia e servono così indirettamente a quelli che traggono vantaggio da questa coesione e da questa gerarchia. Quello che posso concedere al Palante è che in certi casi quelli che sfruttano non abbiano la coscienza deliberata di sfruttare, ma questo cambia poco alla cosa. Il sangue circola benefico per il nostro corpo che noi ascoltiamo o no il battito del cuore e il rombo delle vene.
   L'equivoco, in ogni modo, rimane ed è immensamente strano vedere gli individualisti che s'immaginano di essere sotto il peso di quelli che hanno detti ombre e fantasmi e che per difendere l'Individuo in generale cercano di guastare gli interessi reali degli individui particolari. Stirner è celebre ma le ossessioni non son ancora finite.


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